Guarda se metto una sedia sul balcone e ci salgo sopra la in fondo si può vedere il mare

mirrors from the past

“Aiutateami sto male. Aiutatemi, il mio bambino sta male.” A quelle parole si può reagire in modi diversi: si potrebbe correre lontano, far finta di niente e tirare dritto oppure fare come ho fatto io: rimanere lì un attimo impalati a guardare la chiazza di sangue e altro che si allarga sul vestito estivo. Una coda in autostrada non è un buon posto per partorire. Cambio di scena, la camera mi segue mentre corro lungo la corsia di emergenza urlando “Un dottore, c’è un dottore?”.  Mi sveglio di soprassalto  mi siedo sul letto. Sorrido al pensiero di quel ricordo. L’avevo poi trovato un dottore anzi un veterinario a dire il vero  ed insieme avevamo aiutato quella donna a partorire. Mi era rimasto impresso il fatto che da alcune auto lì vicino neppure si fossero preoccupati un attimo di scendere a vedere se c’era bisogno di una mano. Mi alzo dal letto  provo a bere qualcosa per vedere se questo stato di agitazione passa oppure no. Rimango in cucina appoggiato al secchiaio ad ascoltare i rumori del frigo per qualche minuto. Cerco di intuire l’ora guardando l’orologio a muro ma sono senza occhiali ed è impresa ardua data la mia miopia.

Spengo la luce e rimango in corridoio incerto sul da farsi. Andare  a letto ancora? A girarmi  rigirami finché  mia moglie non mi manda a cagare o fare qualcos’altro? Un libro? Un film? Chattare su Internet? Prendo il portatile e mi siedo sul divano in salotto, così con la sola luce dei lampioni che filtra dalla finestra semichiusa.  Guardo la scritta Ctrl+Alt+Del ma non faccio nulla. Lo appoggio sul tavolino e mi distendo sul divano a pensare ad alcun cose da organizzare il giorno seguente. Ma la testa ha deciso di seguire percorsi suoi. Mi viene in mente una chiacchierata fatta con Doug nel pomeriggio, non ricordo neppure più con quale mezzo o attraverso quale media: essendo entrambi “homini informatici” utilizziamo tutti i mezzi tecnologici a nostra disposizione, telefono, sms, skype, IM, email  e appena avranno perfezionato l’hardware la telepatia. Comunque facevamo l’analisi dei suoi tremila corsi qualche giorno prima. Il suo primo tremila in pista corso oltre i quarant’’anni.  E al di la dei freddi numeri era piacevole sentire il senso di divertimento di “esperienza” che veniva fuori. I tremila in pista non erano la mia specialità a suo tempo ne ho corsi pochi in carriera.  Forse una decina in tutto.

Le mie specialità preferite erano i millecinque  e i tremila siepi. Strana bestia la pista. Se una maratona ti regala forti emozioni cloroformizzate nella distanza e nel tempo, la pista è tutto più forte e più intenso. La maratona è un incontro con una donna compreso il corteggiamento durante la cena e tutti movimenti circolari di avvicinamento alla preda fino al sesso in casa da lei con tanto di coccole finali. I millecinque sono una scopata selvaggia con una donna che mai avresti pensato te la avrebbe data. Scopi lì in auto in fretta e in equilibrio precario cercando improbabili appoggi per potere essere più penetrante nel tuo “fendente” e trovandoti poco dopo con il fiato grosso sudato ed una strana sensazione addosso. Sì la corsa in pista è così. La maratona è più zen ( om ), chiacchieri , guardi attorno, pensi, ricordi. No la pista non è così. ‘ una muta di cani lanciati a sbranarsi dietro alla volpe virtuale’. Entrambe queste corse sono sofferenza ma mentre la maratona  è il trionfo del decadimento per fatica ( logaritmico Doug, logaritmico ) l’altra è lo stupro delle carni, è l’urlo di dolore del masochista che si infila il coltello bollente nelle carni. Non c’è fatica in pista. Non ho mai sentito un vero pistard dire “ho fatto fatica” ma ho sentito dire “ho sentito male”,”non riuscivo a respirare”. La pista è irrazionale. Passi al primo giro  e ti dici? “Ma chi cazzo ce la fa a continuare così?” E invece ti spoglieresti pure della carne pur di arrivare , figuriamoci se ti preoccupi delle palle cadute in partenza. E’ una immersione in apnea. I rumori, gli odori e i sapori sono diversi.  Ma non c’è mai tempo per elaborarli in gara. Lì vai ad istinto. Ci pensi dopo. Dopo l’arrivo quando fai quei cento metri verso la tua borsa in uno stato fra la vita e la morte apparente. Come un fantasma. E tutto questo te lo sei guadagnato in lunghi inverni sotto la pioggia, la neve ad  allenarti da solo. Già. Perché c’è quel momento prima della partenza in cui fai qualche allungo e percepisci lo stato del tuo corpo. Se oggi è giornata sì oppure no. Se nonostante il dolore  il sapore del sangue in gola volerai oppure no. Perché la sensazione che cerchi come un drogato è quella.

Datemi la mia dose di volo.

Fuori la luce violastra dell’alba ha preso il posto di quella gialla arancione dei lampioni. Già si sente qualche macchina passare. Rifletto su quanto mi manchino quei momenti, quelle serate in giro sulle piste della mia regione a sputare sangue. Sul tavolino il PC portatile si è spento da solo con un rumore che è sembrato quasi un soffio, un sibilo di insofferenza. Lascio che i pensieri scorrano da soli a mente libera. Una volta ero fuori a cena con un amico medico che mi raccontava che aveva assistito per la prima volta d un parto e che diceva che in fondo una delle cose più belle che esistano era contornata da merda piscio sangue e sofferenza. Perché alla fine la donna che partorisce perde il controllo dl proprio corpo urla caga e piscia mentre è straziata dal dolore del parto, torna al suo stato naturale di “animale”.

Come animalesco e per nulla romantico è il rapporto sessuale in fondo. Sono due animali che si accoppiano quelli. Puoi metterci le luci soffuse le mani che romanticamente si stringono ma in realtà i termini dl ragionamento in quel momento sono altri. I termini sono cazzo, figa, tette, culo, lingua, dita, mani in tutte l possibili combinazioni.  Tempo fa fermo in coda in autostrada seguivo un ragionamento sulle cose che mi avevano veramente “sconvolto” nel corso della mia esistenza. Avevo mentalmente elencato l’amore, il sesso, la corsa, la paternità in ordine vagamente cronologico.  Tutte queste cose hanno cambiato la mia vita nella testa e nel corpo, mi hanno scombussolato lo stomaco.

Il pensiero era stato interrotto dalle urla di una donna che chiedeva aiuto per il suo bambino. Ma anche se quello era avvenuto quindici anni prima poco importa data la circolarità del tempo che esiste da sempre nella mia testa.

Sono le cinque e trenta. E’ ormai ora di alzarsi.

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